Don Benedetto Richeldi
Don Benedetto Richeldi (Serramazzoni, 5 febbraio 1912 – Modena, 18 febbraio 1997) è stato un presbitero italiano, antifascista, partigiano. È Giusto tra le Nazioni per il suo impegno a favore degli ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale.
Nacque a Rocca Santa Maria, frazione del comune di Serramazzoni nell'Appennino della provincia di Modena, il 5 febbraio 1912 da Dovindo e Odilia Pellati, che coltivavano alcuni terreni di proprietà della chiesa del luogo. Poco dopo la sua ordinazione sacerdotale, che avvenne il 16 marzo 1935, fu inviato a Finale Emilia, prendendo servizio come insegnante, nel mese di ottobre, presso il locale Seminario minore diocesano, dove a partire dal 1937 ricoprì anche l'incarico di economo. Nel luglio 1940, nonostante l'esercito avesse requisito il seminario con l'entrata in guerra dell'Italia, vi rimase per gestirvi l'oratorio, frequentato da 200-300 ragazzi. Nella sua permanenza a Finale entrò in contatto con numerose famiglie cattoliche e con le poche famiglie di religione ebraica superstiti di una florida comunità ebraica insediatasi al Finale sin dal 1541.
Nel dicembre 1942, quando nel seminario si insediarono i Padri Bianchi, don Richeldi fu trasferito a Massa Finalese, una frazione distante dieci chilometri dal capoluogo, per aiutare l'anziano arciprete don Cleto Bellei. Nel corso del 1942, mentre viveva al Finale, don Benedetto conobbe sei profughi ebrei ivi mandati al confino: erano Fryderike Hubschmann (detta Frida), medico dentista nata a Stanislavow in Polonia, il rabbino Maurizio Levy con sua madre Sarina Finzi e sua moglie Hanna Salpeter, provenienti da Zagabria ed Erich Memelsdorff con sua moglie Betty Prager, originari di Berlino.
Nel 1943, sebbene fosse già stato trasferito a Massa Finalese, entrò in contatto con altri quattro profughi ebrei inviati in quell'anno al Finale da altre località di internamento: Marcel Trostler con sua moglie Ella Kaszab e Alexander Meyerhofer con sua moglie Aranka Nemenyi provenienti da Zagabria. Il 9 settembre 1943 la Wehrmacht arrestò tutti i maschi ebrei internati insieme a sei antifascisti per utilizzarli come deterrente di possibili atti di sabotaggio del ponte sul Panaro. Hanna Salpeter si rivolse a don Benedetto per ottenerne la liberazione. Grazie all'intervento del sacerdote e ad una manifestazione dei Finalesi intorno alle carceri del Castello delle Rocche, dove erano rinchiusi, furono liberati dopo un giorno o due (Leggi tutto ...)
creato: | mercoledì 1 marzo 2017 |
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modificato: | mercoledì 1 marzo 2017 |